Archivio: Riflessioni

RIFLESSIONE

A proposito dell’ergastolo ostativo, condividiamo la posizione dell’ex procuratore di Palermo.
“I mafiosi, infatti, giurano fedeltà perpetua all’associazione; e chi non si pente conserva lo status di “uomo d’onore” fino alla morte.Questa “identità mafiosa” è ontologicamente incompatibile con ogni prospettiva di recupero, salvo che il mafioso – pentendosi – dimostri concretamente di voler disertare dall’organizzazione criminale, cessando di esserne strutturalmente parte. Incompatibile per il “semplice” fatto che il mafioso non pentito continua ad essere convinto di appartenere ad una “razza” speciale, nella quale rientrano soltanto coloro che sono davvero uomini (d’onore).”

https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/10/24/ergastolo-ostativo-i-mafiosi-usano-la-carta-solo-quando-fa-comodo-come-un-paio-di-ciabatte/5530877/?fbclid=IwAR1rX9g9jcTVdJP38as1Kqa7_7Co_IiYIgqdZUMTB4kjCAfyTCGIiCQS-_s

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Di quegli stessi cittadini che «in situazioni come queste, si disorientano – dice il presidente dell’associazione antiracket Asaec Antiestorsione di Catania Nicola Grassi – e guardano con diffidenza a tutte le realtà che orbitano attorno a questo mondo». Lo sa bene lui che ha dovuto fare i conti con i sospetti e i timori dei commercianti dopo la vicenda che ha riguardato Salvatore Campo, il presidente dell’associazione antiracket A.Si.A indagato nell’operazione My racket per estorsione (capo d’imputazione modificato poi in concussione). «È necessario – sostiene Grassi – un momento di ripensamento di tutto il mondo dell’antimafia: bisogna mettere sul piatto gli errori e ripartire da lì, cambiando il linguaggio e mettendo in pratica azioni più concrete».

https://meridionews.it/articolo/81954/il-caso-antoci-viaggio-nellantimafia-sociale-le-persone-riconoscono-chi-sta-sui-territori/?fbclid=IwAR20ATTDKbFaG199DTNV2NhG3i7zCgh2kVjjOeIc5dQNjxNbdzU3N5xhPAY

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Tre le questioni, a nostro giudizio, che rimangono aperte: qualora si accertasse che l’agguato fosse davvero una messa in scena, chi, perché e a che scopo avrebbe orchestrato questo spettacolare attentato?

Di fantomatici “Paladini dell’antimafia” ne abbiamo visti crescere diversi negli ultimi anni, tutti protetti da imponenti servizi di sicurezza e sempre mediaticamente sopra esposti. Riteniamo, come ripetuto già in passato, che ripensare il movimento antimafia, anche partendo dal linguaggio utilizzato, sia sempre più urgente.

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Perché il Comune di Catania non mette a bando i beni confiscati?
Ci siamo fatti questa domanda più volte perché, trovandoci nella necessità perenne di individuare un luogo dove collocare la sede dell’associazione, abbiamo pensato di poterlo individuare tra quelli presenti nell’elenco dei beni confiscati alla mafia disponibile nel sito del Comune di Catania.
Nello scorrere la tabella, ci siamo resi conto che tra quelli assegnati con affidamento diretto e quelli utilizzati per finalità pubbliche, ne rimangono diversi inutilizzati che potrebbero esser destinati ad un utilizzo sociale proficuo.
Non vogliamo riceverlo tramite un affidamento diretto – anche perché il regolamento approvato nel 2014 lo vieterebbe – ma attraverso la partecipazione ad un regolare bando pubblico che dia la possibilità anche ad altre associazioni di partecipare così che l’affidamento del bene o dei beni avvenga dopo l’esame di quelle proposte che ne individuino il miglior utilizzo sociale.
L’ultima volta, e forse l’unica, che il Comune di Catania ha messo a bando un bene confiscato, è risalente all’ormai lontano 2016, quando un gruppo di associazioni consorziate (Siciliani Giovani, Arci Catania, Fondazione Fava, associazione Gapa ed altre) ne vinsero l’affidamento rinominandolo “Giardino di Scidà”.
Ora chiediamo che il Comune di Catania si riattivi e provveda al più presto a mettere a bando quei beni confiscati lasciati abbandonati e che ricadono sotto la propria responsabile gestione, così da non mortificare le finalità indicate nella legge “La Torre” di un riutilizzo, a fini sociali, dei beni sottratti alla mafia.

https://catania.meridionews.it/articolo/79158/mafia-i-beni-confiscati-del-comune-che-restano-liberi-la-mappa-e-il-caso-della-bottega-di-via-castello-ursino/

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«Ne è passato di tempo da Falcone e Borsellino.
E lo Stato sembra avere ripreso i suoi ritmi di sempre, il suo respiro.
Forse l’Antimafia, e anche il giornalismo, per quello che ne penso, dovrebbero tenere conto di tutto questo. E guardare indietro: a prima dell’emergenza, prima della strategia stragista dei Corleonesi, prima delle bombe e del sangue.
Sembra proprio che siamo ritornati a quel punto, a quel vedere e non vedere che sa tanto di pacificazione sociale, a non farsi troppe domande perché tanto non si spara più».
Attilio Bolzoni, “Il Padrino dell’Antimafia”

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Professori integerrimi che dedicano la propria vita accademica alla ricerca ed all’insegnamento mai piegandosi a favoritismi clientelari. Orgogliosi di annoverare fra i soci dell’associazione Asaec Antiestorsione Di Catania Maurizio Caserta. Grazie per le tue parole che ci auguriamo possano essere da sprone ai tanti professori che, con rettitudine, svolgano il proprio ruolo.

https://m.catania.livesicilia.it/2019/07/03/universita-ce-chi-ha-detto-no-caserta-il-professore-coraggioso_501322/

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“Ci chiediamo: è davvero opportuno che i saluti, in occasione della presentazione del libro “Addiopizzo la rivoluzione dei consumi contro la mafia”, provengano dal Sindaco di Catania Salvo Pogliese, sotto processo per le “spese pazze all’Ars” e dalla prof. ssa Marina Paino attualmente indagata nell’inchiesta “Università bandita”?
Le parole, le forme, assumono sempre un loro significato specifico. Il momento di profonda crisi che sta attraversando l’antimafia imporrebbe sobrietà, serietà ed un generale ripensamento delle modalità attraverso le quali sensibilizzare la collettività rispetto al fenomeno mafioso. Crediamo che le vicende giudiziarie che coinvolgono rappresentanti istituzionali, impongano loro, almeno fino all’esito del giudizio, non intervenire in momenti di riflessione che celebrano associazioni che si battono per l’affermazione della legalità. Siamo certi che le personalità sopra citate troveranno la sensibilità di non intervenire salvaguardando l’importanza delle tematiche trattate. ”

 

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Antonello Montante, il ”padrino dell’antimafia”

Eccolo il “padrino dell’antimafia”, il libro di Attilio Bolzoni che riesce coraggiosamente a mettere a nudo “l’apostolo della legalità” Antonello Montante ed il “suo” sistema.
Attraverso un certosino riordino delle migliaia di tessere del grande puzzle, ne è uscita la precisa intenzione di aver voluto creare un perfetto meccanismo le cui componenti sono state continuamente oleate dalla compiacente collaborazione e supporto di importanti protagonisti della lotta alla criminalità organizzata, quali ad esempio, le più rilevanti associazioni antimafia nazionali, dalla Fai di Tano Grasso a Libera di don Ciotti, ma anche associazioni di categoria da Confindustria ai sindacati ed ancora generali, politici regionali e nazionali, ministri e capi di governo.
Un paladino dell’antimafia nazionale, il cui passato in “odor di mafia” sembrava non interessare o comunque essere volutamente nascosto, è stata la machiavellica copertura per un intreccio di poteri ed interessi che nulla avevano a che fare col contrasto alla criminalità organizzata.
Ed anzi, attraverso la creazione di un “club esclusivo”, le cui tessere associative erano rappresentate dalle adesioni alle faraoniche manifestazioni antimafia o dai vari “protocolli d’intesa” firmati in mezza Italia e nel quale chi fosse stato contro, sarebbe stato prima spiato per essere ricattato, poi cacciato con infamia, si è pesantemente condizionata la politica regionale e non solo.
Oggi, purtroppo, ritroviamo esponenti di quella stessa antimafia silente o solo “un pochettino” pentita e che per lungo tempo andò allegramente a braccetto con Montante ed i suoi sodali – sostenendolo anche dopo le gravi notizie giudiziarie che lo coinvolsero – tentare un’opera di ripulitura e disperato accreditamento.
Tutto questo accade, ancora una volta, sotto i riflettori di convegni, tavole rotonde, laboratori accreditati da continue passarelle di molti, che confidando nell’oblio che il trascorrere del tempo porta con sé, hanno l’ardire di promuovere nuovi modelli di lotta alla mafia (!) quando del declino e del dissesto del movimento antimafia ne furono complici.
Resta da capire quale contorto obiettivo avessero in mente coloro che hanno puntato su un pupo risultato fasullo. Forse quello di utilizzare il movimento antimafia come testa d’ariete per entrare nella stanza dei bottoni oppure quello di gettare discredito su di esso? Si vedrà.

Il valore del 25 Aprile e la lotta alla mafia

Di recente, il ministro degli interni Matteo Salvini ha affermato che il 25 aprile, in occasione delle commemorazione per la Liberazione dal nazifascismo, sarà in tour elettorale in Sicilia dove parlerà di “liberazione dalla mafia”.
Senza scomodare copiosa letteratura in merito agli strumenti più idonei per sconfiggere il fenomeno mafioso, ci permettiamo di ricordare al signor ministro che la lotta alla mafia è cosa assai complessa che non può essere ridotta a semplice slogan.
È slogan, appunto, dal gusto un po’ retrò che ricorda una certa antimafia di qualche anno fa, che tappezzando la Sicilia di cartelloni affermava, come se ce ne fosse bisogno, che “la mafia fai schifo”.
Parola d’ordine che fu proprio di un predecessore di Salvini, tale Angelino Alfano che la prestò poi all’allora presidente della regione Totò Cuffaro.
Ecco che, ancora una volta, la mafia e la presunta lotta alla sua esistenza, diventa strumento di campagna elettorale per racimolare consensi.
Sarebbe interessante conoscere l’opinione e le soluzioni che il signor ministro degli interni proporrebbe in merito, per esempio, alle estenuanti lungaggini processuali cui è sottoposto colui che decide coraggiosamente di denunciare i propri estorsori o usurai, al comune senso di impunità che permette a criminali e mafiosi di continuare a delinquere indisturbati facendosi beffa d del coraggio di chi li denuncia e dell’incessante lavoro delle forze dell’ordine, alle infinite prepotenze cui è sottoposta la bottega o l’associazione culturale che cerca di risanare il proprio quartiere.
Vorremmo, infine, sapere quale sia la ricetta per rompere quella naturale attitudine della criminalità organizzata ad infiltrarsi nelle liste elettorali, negli apparati politici e burocratici così come evidenziato dai recenti rapporti della magistratura.
Oltre gli slogan, signor ministro, aspettiamo i fatti.
Noi, nel frattempo, resistiamo ogni giorno a fianco di quelle coraggiose persone che denunciando, credono ancora nello Stato e ad un futuro migliore.
As.A.E.C. Associazione Antiestorsione di Catania

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Zuccaro: fare rete ed impiegare l’esercito

La ricetta sulla sicurezza lanciata dal Procuratore della Repubblica di Catania Carmelo Zuccaro è lungimirante ed equilibrata poiché partendo dalla constatazione della sempre più crescente presenza di sacche di disagio e di povertà dalle quali la criminalità trae importante manovalanza, individua e contempera irrinunciabili strumenti di presidio del territorio, quali la videosorveglianza (ancora inspiegabilmente inattiva) e pattuglie dell’esercito, con un’azione condivisa che coinvolga associazioni e le migliori risorse presenti sul territorio per una reale rinascita della città.

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