COMUNICATO

All’indomani del decreto di sequestro rivolto all’editore Mario Ciancio e della conferenza stampa convocata dagli inquirenti, l’associazione Asaec esprime tutta la propria soddisfazione per l’instancabile e martellante lavoro svolto dalla Procura della Repubblica di Catania e dal comando provinciale dell’Arma dei Carabinieri.

Qualcuno ha scritto che rispetto alla vicenda del sequestro del patrimonio di Ciancio, Catania bisbiglia, la cosiddetta “Catania bene” tace.

Sì, è vero, come tace e non prende posizione rispetto a tante altre importanti vicende che segnano la misura rispetto l’indifferenza cui ci stiamo abituando a partire dalla presenza di Cuffaro, condannato per favoreggiamento alla mafia all’Assemblea Regionale Siciliana, al cosiddetto “caso Villardita” ed il suo grido di allarme ed aiuto rivolto alle istituzioni, al cosiddetto “sistema Siracusa” ed al “sistema Montante” o alla assenza di associazioni e cittadini che si è verificata in occasione dell’incontro con il procuratore Nazionale Antimafia Cafiero De Raho a Canicattì, e così via solo per citarne alcuni.

Ma oltre a evidenziare questa ineludibile verità, dobbiamo anche andare oltre e chiederci perché i più preferiscono tacere, mantenendo fede al detto siciliano mafioso “La meglio parola è quella che non si dice“?

Forse per quella rete di collusione economica, politica e sociale che, per reciproche convenienze, non permette di poter prendere posizione forte, netta e decisa? Forse perché vi è una sfiducia generale nei confronti degli apparati dello Stato che, talvolta, anziché essere pronti a produrre anticorpi necessari ad espellere corpi estranei e corrotti ne rimangono indifferenti?

Ecco che dalla conferenza stampa del procuratore Zuccaro emerge un dato che più di ogni altro dovrebbe indurre a far riflettere e cioè l’enorme muro di omertà, rafforzato da collusioni sociali, politiche ed economiche, che la Procura e le forze dell’ordine sono riusciti faticosamente ad abbattere solo dopo un lungo lasso di tempo.

Il tacito consenso della cosiddetta “società civile” nei confronti delle relazioni perverse tra esponenti della criminalità organizzata ed imprenditori, editori, rappresentanti delle istituzioni, banchieri, burocrati, politici, rappresenta un bacino di coltura nel quale crescono e si sviluppano indisturbati pericolose dinamiche corruttive e collusive che rappresentano l’innovativo modus operandi della mafia.

Tutt’oggi il livello d’influenza nefasta che l’interesse illecito di pochi esercita nei confronti dell’economia del territorio nel quale viviamo, si fa finta di non percepirlo.

Imprese sane, ottimi professionisti, burocrati onesti, devono giornalmente arginare tentativi collusivi legati a questa o quella cricca di sepolcri imbiancati che inquinano le corrette dinamiche sociali ed economiche della comunità.

E su questi aspetti che tentiamo da anni di insistere, da un lato cercando di infondere fiducia negli operatori economici promuovendo esempi positivi sorti da sane e concrete collaborazioni sistematiche con l’autorità giudiziaria e le forze dell’ordine, d’altro prendendo posizioni, talvolta scomode, rispetto a silenzi assordanti e di convenienza che non farebbero altro che agevolare un clima già avvelenato del quale la mentalità mafiosa e la sua azione si nutrono.

AS.A.E.C. ASSOCIAZIONE ANTIESTORSIONE DI CATANIA

http://www.qds.it/29387-caso-ciancio-intervista-al-procuratore-zuccaro.htm