COMUNICATO

 

 

Un favore alla mafia dei pascoli!
Nonostante l’articolo 10 della Legge Quadro 353/200 preveda per le zone boscate ed i pascoli – i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco “il divieto assoluto, per dieci anni, limitatamente ai soprassuoli delle zone boscate percorsi dal fuoco, di pascolo e caccia ed altri importanti divieti”, il pascolo abusivo su terreni pubblici e del demanio interessati da incendi e le vendite di terreni ed edifici distrutti dalle fiamme non sembrano cessare sull’Etna e sui Nebrodi.
La diminuzione di automezzi di vigli del fuoco dedicati alla salvaguardia e tutela del territorio boschivo che insiste sulle aree dell’Etna, è un fatto grave. Diversi terreni e fabbricati, durante l’arco dell’anno, e soprattutto nei periodi estivi, sono interessati da incendi di matrice chiaramente dolosa.
Il meccanismo è semplice: incendio, deprezzamento del terreno o immobile, successiva vendita. Nel caso di terreni da pascolo, l’incendio rappresenta una catastrofe per il proprietario ma una benedizione per il pastore che avrà terreno dove poter far pascolare le mandrie considerata anche la veloce fertilità dei terreni che produrrà gran quantità di erba.
Su questi ed altri aspetti l’associazione Asaec – dichiara il presidente Nicola Grassi – sta preparando un esposto da consegnare alla Procura della Repubblica di Catania.

 

AS.A.E.C. ASSOCIAZIONE ANTIESTORSIONE DI CATANIA

http://catania.meridionews.it/articolo/67814/chiudono-sulletna-i-distaccamenti-dei-vigili-del-fuoco-sindacati-poche-risorse-territorio-resta-senza-difesa/

 

COMUNICATO

Lo Stato c’è ed aiuta chi denuncia!
A Maurizio Ciaculli, imprenditore agricolo di Vittoria che ha ricevuto numerose intimidazioni e che ha denunciato la Lidl e il gruppo Napoleon, è stata liquidata una somma di denaro prevista dalla Legge 44/99 che risarcisce soggetti danneggiati da attività estorsive.
Oggi alle ore 15, Ciaculli è comparso davanti alla Commissione Regionale Antimafia Sicilia, per parlare anche di agromafie nella Regione.
Sul punto, l’associazione Asaec Antiestorsione di Catania presenterà, nei prossimi giorni, un documento alla Procura della Repubblica che verterà sulla mafia nelle campagne della zona Etnea.

 

AS.A.E.C. ASSOCIAZIONE ANTIESTORSIONE DI CATANIA

Antiracket, stretta sui requisiti di accesso al fondo regionale

«Così si torna a dare credibilità a un movimento infangato»

Festeggiano le associazioni che sostengono gli imprenditori nel percorso che porta alla denuncia del pizzo e dell’usura. Ad accedere ai finanziamenti sarà soltanto chi dimostrerà di aver realmente contribuito a liberare un’azienda dalle minacce della mafia

Parte dalla Sicilia la stretta sulle associazioni antiracket, per provare ad arginare quell’impegno di facciata che, in barba ai troppi sacrifici umani pagati nell’Isola, ha costruito carriere all’ombra dell’antimafia di comodo. Nel giorno del 26esimo anniversario della strage di via D’Amelio, le associazioni antiracket tornano a farsi sentire, rivendicando il «lavoro serio che in tanti portano avanti con gratuità nei territori, lontano dai riflettori» e festeggiando per la norma, promossa dalle stesse associazioni e approvata nel testo collegato alla Finanziaria regionale, che istituisce paletti più severi per l’accesso al fondo antiracket della Regione. 

Dopo il caso Saguto, lo scandalo Montante e l’inchiesta Labisi, ecco che quelle maglie troppo larghe nella definizione di antiracket, istituite con un decreto del Ministero dell’Interno nel 2007 (poi rivisto solo parzialmente), vengono ridimensionate un’altra volta. La legge è stata promossa proprio da chi lavora quotidianamente al fianco degli imprenditori taglieggiati e ha chiesto con forza che fossero indicati nuovi vincoli nell’accesso ai contributi messi a disposizione dalla Regione. 

La norma pubblicata in Gazzetta ufficiale lo scorso 13 luglio prevede non soltanto che le associazioni siano iscritte agli albi delle Prefetture, ma anche che non ricevano altri contributi da Enti locali, che abbiano un numero minimo di 10 soci, di cui almeno il 50 per cento imprenditori o commercianti che abbiano subito comprovate vicende di estorsione e/o che si siano avvicinati all’associazione antiestorsione per averne assistenza e sostegno, che dimostrino di essersi costituiti parte civile in almeno un procedimento riguardante un proprio assistito nell’ultimo anno.

E ancora, le associazioni per accedere al fondo, che quest’anno ammonta a circa 450mila euro, dovranno dimostrare di aver presentato nell’ultimo anno almeno un’istanza di accesso al fondo per vittime di estorsione; di aver assistito imprenditori o commercianti e accompagnandoli alla denuncia, nell’anno precedente, in almeno tre fatti estorsivi conclusi con rinvio a giudizio. Non ultimo, le associazioni devono aver fatto attività di sensibilizzazione con le associazioni di categoria di commercianti e imprenditori; o aver promosso campagne educative nelle scuole.

«È una cosa molto bella – ammette Nicola Grassi, presidente dell’associazione Antiestorsione di Catania - che la proposta normativa, poi approvata dall’Ars, sia venuta proprio dal nostro mondo, sotto attacco per via delle inchieste giudiziarie. Penso che in questo modo si dia una risposta molto netta, che marca le differenze tra chi ci crede davvero e chi invece ha usato i percorsi antimafia per scopi personali».

Le associazioni, naturalmente, si augurano che questo sia soltanto l’inizio e che le maglie stringenti istituite in Sicilia possano fare da volano per una proposta normativa a livello nazionale, capace di frenare in tutta la Penisola il proliferare di associazioni sedicenti antiracket. «Anni fa – racconta ancora Grassi – ci siamo accorti che rispetto al fiorire di associazioni antiracket, dovute ai fondi messi a disposizione dal Pon sicurezza per aprire sportelli antiracket, le denunce non aumentavano affatto. Sembravano più contentini che venivano dati spesso a pioggia. È per questo che abbiamo cominciato a fare una battaglia, affinché il movimento antiracket tornasse a ciò che era in origine, cioè un’autodeterminazione di commercianti e imprenditori coraggio che come Libero Grassi sostenevano i colleghi in un percorso di emancipazione personale dalla morsa del pizzo e dell’usura, che è un percorso lungo e pesante. Anche le indagini giudiziarie hanno portato alla luce la verità di associazioni, iscritte agli albi delle Prefetture, che accedevano ai fondi per cosa? Per pagare la segretaria o l’affitto della sede prestigiosa? Ancora adesso sinceramente mi chiedo se abbiano mai restituito i fondi ottenuti, una volta che sono state cancellate dagli Albi prefettizi».

Secondo Grassi c’è «un tema di credibilità, per ridare dignità a un intero movimento antimafia infangato da chi ha finto di interessarsi alla lotta alla mafia soltanto perché lì ha intravisto un nuovo centro di potere. In realtà l’antimafia non è solo quello. E non parlo soltanto della nostra associazione perché ce ne sono tante altre che danno un aiuto sincero. Qui quando squilla il telefono e chiedono un appuntamento, sappiamo già che sarà sempre un incontro molto intenso, molto pesante, soprattutto la prima volta. Oggi portiamo a casa un risultato importante, ma non ci fermiamo a quello. Non ci fermeremo fino a quando anche a livello nazionale non verranno riconosciuti criteri più stringenti per poter definire cosa è antimafia». E cosa, invece, non lo è.

MERIDIONEWS, MIRIAM DI PERI 

 

http://meridionews.it/articolo/67780/antiracket-stretta-sui-requisiti-di-accesso-al-fondo-regionale-cosi-si-torna-a-dare-credibilita-a-un-movimento-infangato/

Modifica art. 17 L. 20/99 – E’ LEGGE!

 

E’ legge! Ce l’abbiamo fatta!

In Gazzetta Ufficiale GURS la modifica dell’articolo 17 della legge regionale 20/1999 che abbiamo presentato lo scorso 17 giugno 2017.

“Da oggi – dichiara Nicola Grassi, presidente dell’Associazione Antiestorsione di Catania – le associazioni antiracket che vorranno attingere al fondo regionale per avere un contributo economico, dovranno dimostrare di svolgere una reale e concreta azione sul territorio di contrasto al racket .

I requisiti da possedere e necessari per richiedere il contributo che abbiamo voluto fossero inseriti nella legge, sono molto stringenti e taglieranno fuori le associazioni di facciata, talvolta paravento per macchinosi scambi politici elettorali.

Andiamo avanti, siamo certi di creare fastidio, ma continueremo a lavorare per ridare dignità al movimento antiracket calpestato e violentato da chi, dietro la bandiera della legalità, ha nascosto sporchi giochi di potere ed a scapito di coloro che, coraggiosamente, hanno deciso di denunciare.”

 

AS.A.E.C. ASSOCIAZIONE ANTIESTORSIONE DI CATANIA

Gurs Luglio 2018

 

 

 

 

 

 

COMUNICATO

 

Massoneria, falsa antimafia, distrazione di fondi pubblici destinati a poveri e disabili ed un “buco” da 10 milioni di euro, c’è tutto questo nell’operazione “Giano bifronte”, condotta dalla Direzione Investigativa Etnea diretta dal dott. Renato Panvino, coordinata dalla Procura di Catania e culminata con l’arresto per associazione a delinquere di Corrado Labisi, patron del “Premio Livatino”.
“Siamo molto soddisfatti – afferma il presidente Nicola Grassi – per tutto quello che sta accadendo e che non ci siamo mai stancati di denunciare già da diversi anni: a fronte di associazioni che offrono gratuitamente e volontariamente il loro supporto a quanti decidono di denunciare si contrappone una galassia di associazioni dell’apparire, dei premi, del commercio di professionisti, del comprare e del vendere.

Sosteniamo ed incoraggiamo questo tipo di operazioni investigative tendenti a smantellare una rete capillare di “professionisti dell’antimafia” che dietro il paravento della millantata legalità organizzano e pianificano strutture delinquenziali.

Un appello rivolgiamo a tutti coloro – nessuno escluso, pubblici e privati – che si trovino ad essere destinatari di premi, coppe e onorificenze varie: verificate attentamente ed approfondite da chi provengono questi riconoscimenti. Spesso dietro queste spillette si celano i più insospettabili.

Come associazione Asaec Antiestorsione di Catania abbiamo più volte ribadito la nostra idea:è necessario prendere una posizione netta, decisa, semplice, il più delle volte coraggiosa, ma che serve ad abbattere quel muro del compromesso morale che ha alimentato per anni l’industria della mafia dell’antimafia”.

 

 

AS.A.E.C. ASSOCIAZIONE ANTIESTORSIONE DI CATANIA

 

 

http://palermo.repubblica.it/cronaca/2018/07/10/news/catania_le_mani_di_un_associazione_per_delinquere_sui_fondi_per_i_disabili_5_misure_cautelari-201352841/

 

 

Massoneria e antimafia, arresti a Catania per distrazione di fondi pubblici.

 

L’ Associazione Antiestorsione di Catania ASAEC si congratula con la Procura di Catania, diretta dal procuratore capo Carmelo Zuccaro e con la D.I.A. guidata dal dirigente della Polizia di Stato Renato Panvino per l’operazione, ancora in corso, denominata ” Giano Bifronte ”.

INCONTRO ASAEC A SOSTEGNO DI MASSIMO VILLARDITA

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Incontro con Massimo Villardita e residenti del centro storico

 

Di seguito due servizi televisivi che riportano la cronaca dell’incontro di oggi 29 giugno alle ore 10:00 presso il locale Razmataz in via Montesano, 17 Catania, organizzato dall’associazione Asaec Antiestorsione di Catania la quale ha indetto una conferenza stampa con l’imprenditore Massimo Villardita autore della lettera “Devo pagare il pizzo per essere protetto” uscita su La Sicilia lo scorso 22 giugno ed alla quale la stessa Asaec ha pubblicamente risposto con una lettera uscita su La Sicilia lunedì 25 giugno.
Un momento di confronto e dibattito cui seguiranno altre iniziative ed incontri con associazioni, amministrazioni, prefettura e questura.

 

http://www.rainews.it/dl/rainews/TGR/media/sic-degrado-catania-centro-ristorante-pizzo-antiracket-7526ff66-448c-43e6-a63a-b4e895ebdb75.html

 

https://youtu.be/EDvi8aIITfw

La provocazione di Villardita cela una voglia di riscatto

 

A risposta della lettera pubblicata sul quotidiano La Sicilia edizione di Catania del 22 giugno 2018 a firma del Sig. Massimo Villardita, l’associazione Asaec così commenta:
Se tutto quanto denunciato dal signor Villardita corrisponde al vero, si impongono certamente interventi decisi da parte delle autorità preposte con responsabilità per le omissioni, ove effettivamente esistenti.
Certamente – e non potrebbe essere altrimenti – dirompente e forte la provocazione lanciata dall’imprenditore secondo la quale a fronte dell’inerzia degli organi competenti a tutelare l’ordine pubblico – spesso dovuta a leggi controverse – si possa pensare di ricorrere ad altre forme di tutela attingendo alla malavita organizzata in “funzione sociale” di protezione.
Ma siamo proprio sicuri che i nuovi padroni di Catania siano i punkabbestia, i suonatori ambulanti, gli zingari, i giovani ubriachi e non una certa rete silente di estorsioni e corruzione perpetrate ai danni di imprenditori, commercianti ed artigiani?
Siamo proprio sicuri che il pagamento del pizzo renda liberi e protetti dai nuovi padroni che infestano le strade del centro di Catania?
Siamo proprio sicuri che cadere nella tenaglia dall’estorsione non comporti, prima o poi, avere nuovi padroni che prosciugareanno le risorse fino al punto di renderti schiavo così da cedere l’attività?
Quello lanciato dal Villardita è un grido di aiuto, di allarme, rispetto ad una situazione insostenibile sopportata troppo a lungo dai piccoli imprenditori, commercianti ed artigiani che si scontrano giornalmente con la piccola criminalità.
Ed accanto al dolore urlato e la provocazione lanciata, crediamo si celi anche una voglia di riscatto e di speranza che fa appiglio alle migliori risorse civili, organi giudiziari e forze dell’ordine – cui va tutta la nostra riconoscenza per alto valore professionale ed investigativo – affinché tutti insieme si trovi un scatto di orgoglio per una ferma e decisa inversione di rotta.
Ma è in questa voglia di riscatto è necessario non cedere nella vecchia e becera logica de “la mafia protegge, la mafia fornisce posti di lavoro” perché è lì che si annida la connivenza con certa mentalità mafiosa anni ’80.
Lo sconforto dell’esercente sale quando, paragonando Catania a Milano, dove prima lavorava, tutto questo non accadeva, pur pagando le stesse tasse e rispettando le stesse leggi.
Qual’è la differenza?
Catania ha la febbre alta!
Carenti sono le garanzie in merito alla protezione e al decoro nei confronti dei commercianti e degli imprenditori.
Il “sistema città” funziona solo se accanto a coloro che hanno il compito di tutelare la popolazione, ognuno fa il proprio dovere anche se questo comporta sacrifici.
Pertanto, se da un lato è indispensabile promuovere meccanismi volti a garantire l’ordine e la sicurezza dei cittadini e dei turisti, dall’altro è necessario svolgere un’imponente opera di educazione civica.
In questo difficile contesto, l’associazione Asaec, oltre far appello alle istituzioni e tutti gli organi competenti affinché la provocazione del signor Villardita venga colta come sprone a far meglio e con più solerzia ed efficacia, sarà impegnata in prima fila in un’opera instancabile di sensibilizzazione alla denuncia rispetto all’ormai insostenibile livello di indolenza ed inciviltà che colpisce ampie fette della popolazione.

 

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