Archivio mensile: luglio 2017

L’ Asaec Antiestorsione Di Catania esprime piena solidarietà a tutti i rappresentanti e lavoratori di Farm.
L’ordinanza di rimessa in ripristino dello stato dei luoghi da parte di un burocrate solerte ad “orologeria” rappresenta la parte più odiosa di un paese in cui gli onesti di tutte le categorie sembrano soccombere innanzi l’ineludibile prepotenza burocratica, forte solo contro gli onesti, sottomessa ai furbi, ai corruttori, alle convenienze, ai potentati politici e sindacali.
Saremo vicino con tutte le nostre forze al notaio Andrea Bartoli, alla moglie Florinda Saieva – dichiara il presidente Nicola Grassi – che lungo tutti questi anni hanno incessantemente lavorato alimentando speranza e fornendo valide e concrete alternative per uno sano sviluppo sociale della comunità locale in una città altrimenti irrimediabilmente destinata alle consorterie mafiose” Come Associazione Antiracket non possiamo che sostenere queste attività di privati cittadini che cercano di far riabituare  le nuove generazioni e non solo al fresco profumo di libertà che si oppone al puzzo del compromesso mafioso, promuovendo la loro terra troppo spesso umiliata e stuprata dagli stessi uomini che la abitano.

#Farmculturalpark  #andreabartoli

Oggi una delegazione dell’Associazione Asaec Antiestorsione di Catania ha incontrato il Prefetto di Catania dott.ssa Silvana Riccio.
E’ stata l’occasione per ribadire la nostra posizione in merito ai recenti fatti che hanno coinvolto le associazioni antiracket nella provincia di Palermo. In particolare, abbiamo relazionato sugli esiti della tavola rotonda tenutasi lo scorso 16 maggio in occasione della quale è stata presentata la proposta di modifica dei criteri di iscrizione delle associazioni antiestorsione all’albo prefettizio ex l. 44/99.
Abbiamo ribadito la nostra posizione sulla necessità di intensificare i controlli ed eliminare i finanziamenti pubblici alle associazioni antiracket.
“Siamo pronti a fare la nostra parte – ha dichiarato il presidente Nicola Grassi – ” il nostro obiettivo è quello di eliminare le mele marce che hanno causato la perdita di credibilità e dignità del mondo associativo antiracket. Cercheremo di bloccare l’enorme flusso di denaro destinato alle associazioni che ha creato centri di potere clientelare ed affaristico. Andiamo avanti, non ci fermiamo, siamo sulla strada giusta”

 

“Inaccettabile quanto accaduto ieri in pieno centro a Catania.” Così in una nota l’Associazione Asaec Antiestorsione Di Catania. “Una vera e propria guerriglia urbana a pochi passi da piazza Stesicoro, zona di transito per molti turisti. Non è più tollerabile una situazione di illegalità diffusa nella quale sguazzano delinquenti di ogni tipo, fresca manovalanza per la criminalità mafiosa che anche in queste zone esercita il proprio controllo attraverso lo spaccio di droga e la richiesta estorsiva agli ambulanti. Chiediamo” – conclude il presidente Nicola Grassi – “con forza un intervento al Sindaco Enzo Bianco, all’assessore alla legalità Rosario D’Agata ed al prefetto di Catania Silvana Riccio affinché si intensifichino i controlli nella zona della fiera di piazza Carlo Alberto, anche attraverso presidi fissi di forze di sicurezza”

http://catania.blogsicilia.it/video-shok-dalla-fiera-di-catania-guerra-tra-ambulanti-africani-vs-italiani-in-via-rizzo-video/402358/

 

L’Asaec Antiestorsione Di Catania esprime soddisfazione per l’operazione svolta dai ROS dei Carabinieri a Palermo. Ma contemporaneamente sorgono domande circa il ruolo sempre più determinante delle donne all’interno delle organizzazioni mafiose e su come sia stato possibile che elementi che fanno direttamente capo a Cosa Nostra, abbiamo potuto gestire un azienda agricola importante su di un territorio della Curia Arcivescovile di Palermo. Rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità, rappresentano le uniche modalità di condotta possibili.

http://palermo.blogsicilia.it/mafia-comandante-carabinieri-palermo-riina-e-ancora-il-capo-dei-capi-ancora-figura-autorevole-e-autoritaria-video/402286/

 

Nel recente servizio di Sandro Ruotolo sulla latitanza del superboss Matteo Messina Denaro, è emersa la posizione del deputato regionale Giovanni Lo Sciuto di Alternativa Popolare, il quale pur non avendo alcun procedimento giudiziario a carico, manifesta o ha manifestato delle vicinanze familiari con il boss Messina Denaro.
“Ci chiediamo come Asaec Antiestorsione Di Catania, ma anche come cittadini” – conclude il presidente Nicola Grassi – “quale sia l’opportunità di mantenere un politico con tali aderenze all’interno della commissione regionale antimafia la quale, per il suo delicato ed importante compito, deve mantenere integra la propria credibilità e dignità.”

Ancora sulla vicenda delle ONG.

A seguito delle dichiarazioni del procuratore della repubblica di Catania dott. Zuccaro, l’Asaec Antiestorsione Di Catania in data 28 aprile 2017 ha espresso una nota nella quale prendeva posizione a favore delle parole del procuratore.
“Per questo, al pari di altre associazioni, siamo stati pesantemente attaccati e derisi” – afferma il presidente dell’Asaec Antiestorsione Di Catania Nicola Grassi – ” ma i fatti ed il tempo ci hanno dato ragione. Oggi le istituzioni, a tutti i livelli, invocano un codice di comportamento per le ONG, al fine di evitare un flusso migratorio incontrollato e soprattutto il grande business dell’immigrazione dove sguazza la mafia”
#ong #iostoconzuccaro #zuccaro

 

 

 

L’Associazione Asaec Antiestorsione Di Catania esprime soddisfazione per l’ennesima operazione antiestorsione effettuata dalla Polizia di Stato e dalla Procura di Catania. “l’estorsione esiste e i clan mafiosi non hanno mai smesso di esercitare il controllo del territorio attraverso la richiesta del pizzo e dello spaccio di stupefacenti” – dichiara il presidente dell’ Asaec Antiestorsione Di Catania Nicola Grassi – “quello che turba di più è che quei commercianti che vengono posti innanzi al fatto compiuto, negano di aver ricevuto richieste estorsive. Ci dobbiamo chiedere il motivo ed intervenire immediatamente”

Duro colpo alla mafia di Adrano. Clan Scalisi, 36 arresti

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Operazione della Squadra Mobile e del Commissariato di Adrano. TUTTI I NOMI.

ADRANO – Inchiodato uno dei più pericolosi clan del triangolo della morte. La Squadra Mobile di Catania e il Commissariato di Adrano ha sferrato un duro colpo al clan Scalisi, alleato storico dei Laudani di Catania. Sono 36 gli arresti eseguiti dalla polizia su delega della Procura Distrettuale Antimafia di Catania per l’esecuzione di due ordinanze di custodia cautelare in carcere. Gli indagati sono accusati, a vario titolo, dei “reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, con l’aggravante di essere l’associazione armata, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione e spaccio delle medesime, tentato omicidio, estorsione, rapina, furto, ricettazione, reati in materia di armi, danneggiamento seguito da incendio, con l’aggravante di aver commesso il fatto in nome e per conto dell’associazione di tipo mafioso denominata clan Scalisi e al fine di agevolarne le attività illecite”.VIDEO DEL BLITZ

Una lunga sequela di contestazioni quelle elencate nella prima ordinanza di custodia cautelare che gli uomini della Squadra Mobile di Catania e del Commissariato di Adrano hanno notificato questa mattina agli arrestati finiti in manette. Arrestati anche coloro che sono considerati i vertici dell’organizzazione criminale che semina il terrore nel territorio adranita. A partire da Pippo Scarvaglieri, ritenuto il capo operativo della cosca referente dei Mussi i Ficurinia.Fotografati gli affari illeciti della cosca di Adrano dal novembre 2014 al giugno 2016. (PIZZICATI GLI INCONTRI – VIDEO) Grazie anche ai diversi collaboratori di giustizia è stata ricostruita la gerarchia criminale della cosca adranita che vede ai vertici Giuseppe Scarvaglieri, attualmente detenuto al carcere di Sulmona in regime di alta sicurezza e che aveva sul territorio i suoi uomini più fidati come Giuseppe Mannino, Carmelo Scafidi, Pietro Severino, Pietro Maccarrone, Alfredo Mannino e Vincenzo Biondi (GUARDA IL VIDEO DEL BATTESIMO). “Scarvaglieri ci racconta un collaboratore di giustizia è considerato l’autorità suprema del gruppo”, racconta Antonio Salvago, capo della Squadra Mobile etnea. Il boss nonostante la detenzione riusciva a inviare direttive al clan. Le cimici della polizia registrano in diretta Alfredo Mannino mentre legge una lettera inviata da Scarvaglieri a uno dei tre indagati che risultano al momento irreperibili. Nella missiva indicava precise investiture e in particolare il ruolo al suo “figlioccio”, per gli inquirenti Pietro Maccarrone.

Un’altra figura di vertice è quella di Massimo Di Maria, esponente del gruppo di Paternò dei Laudani, che sarebbe in stretti rapporti con la cosca adranita.L’indagato è coinvolto nell’indagine sull’omicidio di Maurizio Maccarrone commesso ad Adrano il 14 novembre 2014.

Le indagini inoltre hanno permesso di cristallizzare gli accordi tra gli Scalisi e il clan Santangelo, che addirittura sarebbe diventato il fornitore di droga della famiglia oggi azzerata dall’operazione ‘Illegal Duty’.  “Uno scenario completamente nuovo”, evidenzia Salvago.  La malavita di Adrano sta vivendo un momento di forte fibrillazione anche in conseguenza delle pesanti defezioni che si sono registrati negli ultimi anni, quattro i pentiti che stanno raccontando nomi e affari della criminalità organizzata adranita alla magistratura. (GUARDA IL VIDEO SULLA SPARTIZIONE DEI SOLDI)

Il territorio di Adrano sarebbe stato sotto il controllo militare degli Scalisi. (ASCOLTA LE INTERCETTAZIONI) “Dalle intercettazioni emerge che i commercianti per poter vendere i loro prodotti ad Adrano o all’interno del mercato ortofrutticolo dovevano pagare un dazio”, commenta la pm Assunta Musella della Dda di Catania, che ha coordinato l’inchiesta insieme alla pm Alessandra Tasciotti. Mercato delle uova, della carne e anche della macerazione delle arance, questi i settori che sono emersi dalle attività investigative.

L’inchiesta ha ricostruito la carta delle estorsioni del clan. Sono 22 le estorsioni e le tentate estorsioni contestate agli indagati. Chi non pagava o si rifiutava di versare il pizzo era pesantemente minacciato. Davanti alle aziende erano poste delle bottiglie incendiarie (GUARDA IL VIDEO) che “servivano non solo per farsi pagare ma anche per chiedere somme maggiori”, spiega la pm Assunta Musella. Un dato che converge con le risultanze investigative e le rivelazioni dei collaboratori di giustizia. Nel corso delle indagini inoltre sono stati appurati episodi di incendi dolosi ai mezzo di un’attività commerciale. Anche questa risposta al rifiuto di cedere alle intimidazioni. “Ma va rivelato che non ci sono denunce da parte delle vittime”, evidenzia il Questore Giuseppe Gualtieri. “Quindi anche quando c’è resistenza a pagare però non ci si rivolge alle forze di polizia, non so che lettura va dato a questo dato”. “Di forte coltre di omertà” parlano gli investigatori e gli inquirenti. Al momento non risulta nessun indagato per favoreggiamento perché la Procura ha deciso prima di eseguire gli arresti. “E’ una nostra strategia affinché le vittime sapendo che gli indagati sono già in carcere si sentano più tutelati e quindi pronti a collaborare”, evidenzia il Procuratore Carmelo Zuccaro in conferenza stampa. Nel corso delle indagini sono stati sequestrate armi e anche droga.

LA RAPINA E LA FUCILATA. Non solo droga ed estorsioni ma anche rapine e furti anche ai danni di commercianti. In particolare il 14 dicembre 2014 un commando armato ha preso di mira un autocarro Iveco che percorreva una strada in territorio di Santa Maria di Licodia. Il gruppo di rapinatori hanno costretto il conducente  cinese di fermarsi e gli hanno intimato di consegnarli la somma di denaro che probabilmente sapevano avere in possesso. Il cinese ha in un primo momento rifiutato, come risposta i rapinatori hanno sparato un colpo di fucile ferendolo alla coscia sinistra. Il bottino è stato di 200 mila euro. Inoltre gli indagati sono accusati di un furto presso un deposito di slot-machine e si impossessavano di circa 36 mila euro di denaro in contanti, di 15 mila euro di assegni contenuti in due casseforti. Contestate, inoltre, tre furti in abitazione.

IL TENTATO OMICIDIO DI FRANCESCO COCO. La seconda misura cautelare riguarda il tentato omicidio di Francesco Coco (fatto di sangue mai denunciato) commesso l’estate del 2014. Le indagini hanno permesso di ricostruire la dinamica del tentato delitto identificando mandanti e autori materiali, Giuseppe Scarvaglieri avrebbe dato l’ordine mentre Alfredo Nulla e Alessio La Manna sarebbero stati i due che avrebbero sparato. Coco, al momento detenuto, è un elemento di “rango” del clan Scalisi.

TUTTI I NOMI DEGLI ARRESTATI - Giuseppe Scarvaglieri detto “Pippu u zoppu” (già detenuto per altra causa), Pietro Maccarrone inteso “Fantozzi o Occhialino” (già detenuto per altra causa), Alfredo Mannino detto “u Caliaru”, Vincenzo Biondi inteso “Enzo Trevi”, Claudio Zermo alias “Ficaruni”, Salvatore Severino detto “u Cunigghiu”, Pietro Severino detto “u Trummutu” (già detenuto per altra causa), Salvatore Di Primo detto “Pisciavinu”, Biagio Mannino inteso “u Caliaru”, Alfredo Bulla soprannominato “a Zotta”, Alessio La Manna, Massimo Merlo (già detenuto per altra causa), Roberto Alongi, Antonino Furnari detto “Ogghiu Vecchiu”, Agatino Leanza, Antonino Leanza soprannominato “Pasticcino”, Carmelo Scafidi detto “Testa Rossa” (già detenuto per altra causa), Nicola Santangelo inteso “Cola a niura), Agatino Perni, Giuseppe Maccarrone, Pietro Castro, Vincenzo Valastro alias “Giraffa o Enzu u lungu”, Vincenzo Pellegriti, Salvatore Scafidi inteso “Testa rossa”, Sebastiano Salicola detto “Sebi”, Giuseppe Sinatra (già detenuto per altra causa), Angelo Bulla detto “a Zotta”, Giuliano Mauro Salamone già Giuliano Mauro Raciti soprannominato “L’indianu”, Angelo Calamato, Pietro Giuseppe Lucifora detto “pietro Diecimila”, Alfio Lo Curlo detto “u Patataru”, Maurizio Amendolia, Alfredo Pinzone, Massimo Di Maria (già detenuto per altra causa) ed Emanuel Bua.

LE 22 ESTORSIONI CONTESTATE: 

1) Estorsione in pregiudizio del titolare di un esercizio commerciale di oggettistica e articoli casalinghi ubicato ad Adrano, costretto a versare una somma periodica a titolo di cd. “pizzo” pari a circa 300 euro al mese.

2) Tentata estorsione in pregiudizio del titolare di un esercizio commerciale per la vendita di generi alimentari ubicato ad Adrano, nei cui confronti compivano atti idonei a costringerlo al versamento di una somma periodica a titolo di cd. “pizzo”, non riuscendo nell’intento per causa indipendente dalla propria volontà, segnatamente per il rifiuto opposto dalla vittima.

3) Estorsione in pregiudizio del titolare di un esercizio commerciale di articoli sportivi ubicato ad Adrano, in particolare posizionando di fronte al predetto locale una bottiglia incendiaria a scopo intimidatorio, lo costringevano a consegnare gratuitamente tute sportive a titolo di cd. “pizzo”.

4) Estorsione in pregiudizio del titolare di un esercizio commerciale di profumeria e pelletteria ubicato ad Adrano, costretto al versamento di una somma di denaro a titolo di cd. “pizzo” pari a circa 150 euro al mese, poi ridotta a circa 100 euro.

5) Tentata estorsione in pregiudizio dei titolari di un bar ubicato ad Adrano nei cui confronti compivano atti idonei a costringerli al versamento di una somma periodica a titolo di cd. “pizzo”, non riuscendo nell’intento per causa indipendente dalla propria volontà, segnatamente per il rifiuto opposto dalle vittime.

6) Tentata estorsione in pregiudizio dei titolari di un vivaio ubicato ad Adrano, nei cui confronti compivano atti idonei a costringerli al versamento di una somma periodica a titolo di cd. “pizzo”, non riuscendo nell’intento per causa indipendente dalla propria volontà, segnatamente per il rifiuto opposto dalle vittime.

7) Estorsione in pregiudizio del titolare di una panineria ubicata ad Adrano, costretto al versamento di una somma di denaro a titolo di cd. “pizzo” pari a circa 100 euro al mese nonchè a consegnare merce senza pagare il corrispettivo dovuto.

8) Tentata estorsione in pregiudizio del titolare di una panineria ubicata ad Adrano, nei cui confronti compivano atti idonei a costringerlo al versamento di una somma periodica a titolo di cd. “pizzo”, non riuscendo nell’intento per causa indipendente dalla propria volontà, e segnatamente per il rifiuto opposto dalla vittima.

9) Estorsione in pregiudizio del titolare dell’esercizio commerciale di casalinghi, cristallerie e vasellame ubicato ad Adrano, costretto a consegnare merce senza pagare a titolo di cd. “pizzo”.

10) Tentata estorsione in pregiudizio del titolare di una stazione di servizio con annesso bar/ristorante ubicato ad Adrano, nei cui confronti compivano atti idonei a costringerlo al versamento di una somma periodica a titolo di cd. “pizzo”, non riuscendo nell’intento per causa indipendente dalla propria volontà, segnatamente per il rifiuto opposto dalla vittima.

11) Estorsione in pregiudizio dei titolari della ditta per la vendita di materiale edile ubicata ad Adrano, costretti al versamento di una somma di denaro a titolo di cd. “pizzo” pari a circa 500 euro al mese.

12) Tentata estorsione in pregiudizio del titolare di un’azienda di lavorazione di prodotti ortofrutticoli ubicata ad Adrano, in particolare appiccando il fuoco agli automezzi della ditta predetta, compivano atti idonei a costringerlo al versamento di una somma periodica a titolo di cd. “pizzo”, non riuscendo nell’intento per causa indipendente dalla propria volontà, segnatamente per il rifiuto opposto dalla vittima.

13) Estorsione in pregiudizio del titolare di un chiosco ubicato ad Adrano, costretto al versamento di una somma periodica a titolo di cd. “pizzo” pari inizialmente a 300 euro al mese, successivamente ridotta a circa 200 euro al mese.

14) Tentata estorsione in pregiudizio del titolare di una cava ubicata ad Adrano, nei cui confronti compivano atti idonei a costringerli al versamento di una somma periodica a titolo di cd. “pizzo”, non riuscendo nell’intento per causa indipendente dalla propria volontà, segnatamente per il rifiuto opposto dalla vittima.

15) Estorsione in pregiudizio del titolare di una ditta per la commercializzazione di uova ubicata a Paternò, costretto dapprima a non esercitare la propria attività di commercializzazione all’ingrosso di uova in Adrano, di fatto estromettendolo dal mercato locale a vantaggio di Maurizio Amendolia, e successivamente lo costringevano a versare una percentuale sulle vendite quale indebito corrispettivo per il recupero di una fetta di mercato pari a circa il 40%.

16) Estorsione in pregiudizio del titolare di una ditta di vendita di materiale per l’agricoltura ubicata ad Adrano, costretto al versamento di una somma periodica a titolo di cd. “pizzo” pari a circa 1.000 euro ogni sei mesi.

17) Estorsione in pregiudizio del titolare di una pasticceria ubicata ad Adrano, costretto al versamento di una somma periodica a titolo di cd. “pizzo”.

18) Estorsione in pregiudizio del titolare di un esercizio commerciale per la vendita di surgelati e gelati ubicato ad Adrano, costretto al versamento di una somma periodica a titolo di cd. “pizzo” pari inizialmente a 200 euro al mese, successivamente ridotta a 100 euro al mese.

19) Estorsione in pregiudizio del titolare di un negozio di scarpe ubicato ad Adrano, costretto al versamento di una somma periodica a titolo di cd. “pizzo” pari a circa 100 euro al mese.

20) Estorsione in pregiudizio del titolare di un esercizio commerciale di vendita di prodotti ortofrutticoli ubicato ad Adrano, costretto al versamento di una somma periodica a titolo di cd. “pizzo” pari a circa 100 euro al mese.

21) Tentata estorsione in pregiudizio del titolare della ditta di piante e fiori ubicata, in particolare collocando di fronte all’esercizio commerciale predetto una bottiglia in plastica contenente liquido infiammabile, compivano atti idonei a costringerlo al versamento di una somma periodica a titolo di cd. “pizzo”, non riuscendo nell’intento per causa indipendente dalla propria volontà.

22) Estorsione in pregiudizio di un imprenditore edile, con ditta ubicata ad Adrano, costretto ad effettuare gratuitamente lavori di ristrutturazione presso l’immobile di proprietà di Pietro Maccarrone per compensare il debito di 10.000 euro del Castorina nei confronti di Angelo Bulla.

(Martedì 11 Luglio 2017 – 07:35)

Antiracket, cambiare si può (si deve)

Locandna tavola rotonda ASAEC“Molti si sono improvvisati paladini dell’antimafia e non c’è stata nessuna valutazione sul loro reale operato. L’antimafia è stata utilizzata più come un brand per fini personali. Si è verificato in Sicilia così come in altre regioni. Tutto questo finisce per creare disdoro all’antimafia vera”, Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione.

Riflessioni simili sono emerse, sul tema della lotta alle estorsioni, nel recente convegno “Progetto per una nuova idea di associazionismo antiracket”, promosso a Catania dall’Associazione Asaec Antiestorsione ‘Libero Grassi’.

Anche in questo caso, l’obiettivo era quello di ridare credibilità all’associazionismo, che dovrebbe rappresentare, ma, purtroppo, non sempre lo ha fatto, un importante collegamento fra coloro che denunciano, le forze dell’ordine e la magistratura.

Non a caso, l’Asaec ha presentato una proposta di legge per modificare i criteri di accesso e di permanenza delle associazioni antiracket nell’albo prefettizio ex l. 44/99.

Attilio BolzoniMolte le presenze istituzionali (fra gli altri, il questore di Catania, i capi della Direzione Investigativa Antimafia e della polizia postale), serrato il confronto, moderato dal giornalista de La Repubblica, Attilio Bolzoni.

Quest’ultimo ha sottolineato che, ancora, “ ci sono troppi silenzi, troppa omertà. Tantissimi spot sui temi dell’antimafia e una lettura del fenomeno ferma a 30 anni fa”.

Il presidente dell’Asaec, Nicola Grassi, ha contrapposto l’antimafia di strada, volontaria, gratuita, composta per la maggior parte da imprenditori che hanno vissuto le medesime vicende estorsive, a quella “retorica, ubbidiente e addomesticata, sottomessa alle benevolenze di funzionari pubblici.

Quest’ultima gode di un fiume incontrollato di denaro e da tempo ha abdicato al suo ruolo di denuncia perché consociativa con i poteri e propensa al carrierismo e agli incarichi”.

Ha sottolineato, inoltre, quanto sia necessario supportare e ‘proteggere’ la prima dai continui attacchi che subisce.

procuratore ZuccaroTema ripreso dal Procuratore della Repubblica di Catania, Carmelo Zuccaro, che, partendo dalla constatazione che “mele marce ci sono in tutte le istituzioni”, ha ribadito la necessità di creare filtri più efficaci degli attuali per evitare che su questioni tanto importanti e delicate abbia diritto di parola chi non dovrebbe averlo.

Ha denunciato, in particolare, quanto siano blandi – e perciò inadeguati – gli attuali controlli sulle associazioni che operano in questo campo.

Per superare queste contraddizioni, Nicola Grassi ha proposto di “ritornare allo spirito fondante che ha mosso le prime associazioni antiestorsione negli anni novanta”.

“Per questo – ha proseguito il relatore – la proposta di legge che abbiamo scritto parte da unrelatori tavola rotonda presupposto fondamentale: se l’associazione riuscirà ad essere efficace ed efficiente nella sua azione sul territorio, non avrà alcun problema a superare il controllo effettuato dalle Prefetture per l’iscrizione e/o il mantenimento nella lista dell’Albo prefettizio, che ne dovrebbe garantire l’affidabilità”.

Nella proposta di legge, conseguentemente, si individuano criteri ‘stringenti’ come, ad esempio, il numero di denunce che si risolvano in un rinvio a giudizio e il numero di richieste di accesso al fondo su delega del danneggiato. Così come centrale rimane garantire l’accompagnamento della vittima dal momento della denuncia sino allo sviluppo di tutto l’iter processuale.

“Vogliamo invertire la rotta, ha concluso il Presidente dell’Asaec, le nostre riflessioni hanno dato fastidio a quanti ha fatto dell’attività associativa antiracket una fonte di guadagno, ora sentiamo di essere sulla buona strada.

Ci auguriamo che questa nostra proposta di legge, modificabile e migliorabile, sia accolta dai rappresentanti del potere legislativo che manifestano sensibilità verso questa annosa crisi che attraversa il mondo associativo antiestorsione”.

(argocatania.org, 5 Luglio 2017)

Operazione Beta, smantellata cellula clan Santapaola a Messina.

Dalle recenti operazioni antimafia si evince come da Catania a Messina il potere del clan Santapaola è in ascesa. Questa “valanga mafiosa” che ha portato alla conquista di Messina è dovuta principalmente alle ampie collusioni, connivenze e contiguità con dirigenti e funzionari dell’amministrazione pubblica, professionisti e più in generale quei “colletti bianchi” cui la mafia trova terreno fertile. Il metodo e la mentalità mafiosa ha pervaso i nostri quotidiani comportamenti ed è proprio da lì che dobbiamo ripartire. “Come Associazione Asaec Antiestorsione di Catania ci impegneremo” – dichiara il presidente Nicola Grassi – in un ampia opera di diffusione del decalogo antiracket presso le associazioni di categoria, per far capire che denunciare è conveniente piuttosto che sottostare alle prepotenze mafiose. Il fronte dell’educazione è fondamentale! E’ necessario inserire obbligatoria l’ora di antimafia a scuola ed impegnare più risorse nella formazione dei ragazzi. Come diceva Falcone: la mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un inizio ed avrà una fine. Piuttosto bisogna impegnarsi a estirpare la mentalità mafiosa”