COMUNICATO
Stasera alle ore 21:30 su UltimaTV ospiti di Luigi D’Angelo a #ittamuvuci si parlerà dell’arresto di Salavatore Campo, della crisi dell’antimafia e di una necessaria riforma del movimento Antiracket. Tra gli ospiti il dott. Nicola Grassi presidente Asaec Antiestorsione Di Catania il presidente Bruno di Marco ex magistrato e consulente della Commissione Regionale Antimafia e l’avvocato Goffredo D’antona.
RIFLESSIONI
Quale modello attribuire al movimento antiracket ed antiusura oggi in Italia?
L’arresto del presidente di un’associazione antiracket catanese ha rappresentato, senza dubbio, un arresto “eccellente” che fa riflettere.
Infatti, se da un lato ha minato fortemente la credibilità e la dignità di chi crede in questa forma di associazionismo, dall’altro, è stato il preciso segnale che le istituzioni sono in grado di predisporre meccanismi utili ad espellere corpi malati per garantire e mantenere quella fiducia che permette al cittadino di affidarsi e di credere ancora nello Stato.
La questione di fondo sulla quale soffermarsi è: quale modello attribuire all’associazionismo antiracket ed antiusura oggi in Italia?
Diverse possono essere le possibili alternative: un primo modello è quello che è andato affermarsi fin dalla fine degli anni novanta e che ha visto sulla scena un’ antimafia c.d. “pon – pon” di facciata, degli sportelli affiliati Fai (Federazione Antiracket Italiana) nati a migliaia sul territorio nazionale grazie ai vari Pon sicurezza, dei premi, delle coppe, affarista, populista, tronfia di proclami retorici ben predisposta a quel “compromesso morale” – anticamera dell’indifferenza, contiguità e complicità – è sempre più base per relazioni pericolose e che avrebbe avuto la massima espressione in Antonello Montante, paladino di una sedicente antimafia dell’ultima ora, creatore di un sistema omonimo, destinatario di “patenti antimafia” rilasciate con troppa disinvoltura dall’allora ministro agli Interni Cancellieri che lo definì “apostolo che nel deserto ha alzato la voce contro il racket delle estorsioni”, delegato per la legalità di Confindustria Nazionale e convinto sostenitore dell’ora di legalità nelle scuole con un doppiopetto costellato di spillette e medaglie targate antimafia, ora sotto processo per associazione a delinquere e corruzione.
Una secondo modello, certamente meno aggressivo, ma molto chiacchierato perché ubbidiente ed addomesticato, sottomesso alle benevolenze di molti, che individua colui che si avvicina per chiedere aiuto più come un “cliente” a cui sottoporre servizi piuttosto che una persona cui offrire conforto e sostegno, strenuo difensore della necessità di attingere a finanziamenti pubblici al fine di offrire un buon servizio e nelle cui maglie hanno potuto proliferare tornacontismi personali ed economici, è quello che parrebbe emergere dalle indagini che hanno portato all’arresto del presidente del Associazione Siciliana Antiracket Salvatore Campo il quale sembrerebbe aver chiesto delle percentuali rispetto alle pratiche curate per i suoi assistiti; ma possiamo anche ricordare la vicenda che ha coinvolto l’associazione Antiracket Salento guidata dalla presidente Maria Antonietta Gualtieri e tante altre ancora.
Ma esiste anche un terzo modello che cerca di riproporre pratiche virtuose che si erano manifestate vincenti sin dai primi degli anni novanta, cioè fin dalla nascita del movimento antiracket.
Un associazionismo che, recuperando l’idea fondante di Libero Grassi, rappresenti un luogo dove, imprenditori e commercianti che hanno vissuto vicende estorsive, possano offrire – a loro volta – sostegno e conforto nei confronti di coloro che decidano di intraprendere un percorso simile di emancipazione rispetto la morsa dell’estorsione; dove l’accompagnamento di un imprenditore verso la denuncia e per tutto il suo iter processuale rimanga uno dei requisiti fondamentali; dove il contributo svolto dai soci e dai loro dirigenti, sia fondato sui principi inscindibili ed inviolabili di volontariato e gratuità.
Come Associazione Antiestorsione di Catania nata nel 1991 all’indomani dell’uccisione dell’imprenditore Libero Grassi e proprio da un gruppo di imprenditori e commercianti che si erano ribellati al pizzo, abbiamo sempre cercato di mantenere vivo proprio quest’ultimo modello, difendendolo e promuovendolo ad ogni occasione.
C’è molto lavoro da fare, le denunce sono in calo e questo impone seriamente una riflessione sulla reale efficacia dell’azione antiracket.
È l’intero movimento antiracket che necessità di un profondo ripensamento.
Per questo stiamo cercando di riproporre proprio quel modello che si riappropri della sua primaria funzione di antimafia di strada, volontaria e gratuita.
In quest’ottica, ben consapevoli dell’uso distorto nell’utilizzo dei fondi pubblici destinati alle associazioni antiracket e dell’inutilità di questi finanziamenti che, piuttosto, sarebbero più utili se indirizzati alle forze dell’ordine o direttamente alle stesse vittime, siamo partiti dalla proposizione di un ddl regionale di modifica all’art. 17 della legge regionale 20/99 – diventato legge a luglio u.s. – che ha ristretto di molto i criteri attraverso i quali le associazioni antiracket possano eventualmente richiedere finanziamenti.
A livello nazionale si impone una ragionata revisione dei cardini legislativi fondanti del sostegno alle vittime del racket e dell’usura relativamente alle leggi 44/1999 e della 108/96 e della 512/99.
Ma soprattutto è necessario rivedere i decreti ministeriali che stabiliscono i criteri che consentono alle associazioni antiracket ed usura l’iscrizione ed il mantenimento nell’albo della prefettura, oggi potrebbe contribuire ad invertire la rotta, conducendo verso un associazionismo più ancorato alla sua originaria funzione di sostegno e conforto alle vittime.
Ma tanti altri sono gli appuntamenti di prossima scadenza e sui quali è bene porre l’attenzione per cercare di innescare un cambiamento; innanzitutto la nomina del nuovo Commissario Nazionale per il Coordinamento delle iniziative Antiracket ed Antiusura in scadenza e del relativo Comitato di Solidarietà.
Un rinnovo che potrebbe essere l’occasione anche per modificare i criteri – individuati attualmente dall’ultimo decreto del Ministero degli Interni del 31 maggio 2016 – attraverso i quali scegliere i tre componenti rappresentanti del mondo associativo da tempo ormai esclusivo appannaggio delle associazioni ed organizzazioni antiracket e antiusura di rilevanza nazionale quali la Federazione Antiracket Italiana F.A.I., S.O.S. Impresa e la Consulta Nazionale Antiusura “Giovanni Paolo II” Onlus.
Ed ancora, a livello regionale, il costituendo “Forum permanente contro la mafia la criminalità organizzata”, un nuovo organismo istituzionale che potrà essere luogo nel quale le istanze civiche di lotta al fenomeno mafioso potranno essere sostenute con più forza.
Infine, dobbiamo, poi, sostenere le azioni della magistratura e delle forze dell’ordine attraverso una grande opera di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, recuperando i rapporti con quegli imprenditori, commercianti ed artigiani che giornalmente combattono in silenzio la criminalità organizzata.
Se non riusciremo a fare tutto questo, se non riusciremo ad essere uniti verso un unico obiettivo, faremo un favore alle mafie, ed alla mafia dell’antimafia.
Questo rappresenta un preciso obbligo morale che ci proviene dalla grande eredità di coloro che sono morti combattendo la mafia ma anche ne confronti di tutti coloro che ancora oggi a testa alta si ribellano alla prepotenza della criminalità organizzata.
AS.A.E.C. ASSOCIAZIONE ANTIESTORSIONE DI CATANIA
COMUNICATO
Oggi viene scritta una pagina triste nella storia dell’antimafia catanese.
Un arresto “eccellente”, che fa riflettere, perché se da un lato compromette fortemente la credibilità e la dignità di chi crede in questa forma di associazionismo, dall’altro, finalmente, mette ordine e fa pulizia rispetto a quelle mele marce che hanno inquinato e violentato il volontariato antimafia.
“In questi anni – dichiara Nicola Grassi presidente dell’associazione antiestorsione di Catania – abbiamo cercato di invertire la rotta, volgendo la nostra azione quotidiana verso un recupero di dignità dell’associazionismo antimafia affinché si riappropri della sua primaria funzione di antimafia di strada, volontaria, gratuita – composta per la maggior parte da imprenditori che hanno vissuto le medesime vicende estorsive – contrapposta a quella retorica, ubbidiente ed addomesticata, sottomessa alle benevolenze di molti.
Per questo abbiamo deciso di costituirci parte civile nel processo che vede imputato, per estorsione continuata, peculato e falso ideologico, proprio un presidente di un’associazione antiestorsione.”
A testa alta, contrastati, attaccati e derisi, anche da coloro che oggi saltano agli onori della cronaca, abbiamo sempre denunciato la pericolosità che un ingente fiume di denaro avrebbe comportato nell’azione associativa antiracket, compromettendone la purezza volontaria e gratuita.
Usciti dalla FAI, abbiamo rinunciato a dubbie reti regionali antiracket, rifiutando di accedere ad ogni tipo di finanziamento pubblico e proponendo un d.d.l. regionale di modifica all’art. 17 della legge regionale 20/99 – ora diventato legge – che restringe di molto i criteri attraverso i quali le associazioni antiracket possono richiedere finanziamenti.
C’è molto lavoro da fare, le denunce sono in calo e questo ci impone seriamente una riflessione sulla sincera efficacia dell’azione antiracket.
Dobbiamo sostenere le azioni della magistratura e delle forze dell’ordine attraverso una grande opera di sensibilizzazione, recuperando i rapporti con quegli imprenditori, commercianti ed artigiani che giornalmente combattono in silenzio la criminalità organizzata.
AS.A.E.C. ASSOCIAZIONE ANTIESTORSIONE DI CATANIA
https://www.youtube.com/watch?v=jLR3j-64zMM
https://www.youtube.com/watch?v=JEfjiXZ65nE
COMUNICATO
Da maggio 2018 il sito della Prefettura di Catania non indica alcun Albo delle associazioni antiestorsione ed usura previsto secondo la Legge 44/99.
Questo crea disorientamento e confusione non solo tra le forze dell’ordine, che a fatica riescono ad individuare quelle certificate, ma soprattutto tra coloro che nelle associazioni vedono un sostegno nell’affrontare il percorso di denuncia .
Infatti, la funzione attribuita dalla legge alle associazioni e alle organizzazioni antiracket e antiusura riconosciute e controllate dagli organi prefettizi è quello di prestare assistenza e solidarietà a soggetti danneggiati da attività estorsive e usuraie. Un’attività delicata, per la quale le realtà associative devono essere riconosciute e riconoscibili sul territorio per avere una maggiore garanzia del fatto che rappresentino un riferimento per imprenditori, commercianti e artigiani che decidono di denunciare.
Auspichiamo che la Prefettura di Catania si adoperi celermente al fine di rendere finalmente pubblico l’Albo.
AS.A.E.C. ASSOCIAZIONE ANTIESTORSIONE DI CATANIA
COMUNICATO
Nelle relazioni annuali della DIA si afferma che è nel DNA della criminalità organizzata la ricerca del consenso e dell’appoggio politico per raggiungere i propri scopi illeciti.
Ma dall’operazione “Aquila” emergono alcune allarmanti evidenze, prima fra tutte quella che, in questo caso, non siano stati i clan mafiosi della zona a intercettare e condizionare il voto attraverso meccanismi collusivi e/o corruttivi, ma lo stesso candidato (Nicotra) a chiedere e corrispondere ingenti somme di denaro agli stessi clan (in questo caso i Laudani) affinché orientassero le intenzioni di voto, garantendo così la sicura elezione del deputato regionale.
E’ sempre più evidente che la nuova mafia non esercita più la propria forza in maniera violenta, ma attraverso una diffusa intimidazione ambientale, frutto di una mentalità radicata, grazie alla quale, gli accordi, che siano politici o commerciali, sono il frutto di accordi basati su di una reciproca convenienza, arrivando al paradosso che i riferimenti territoriali dei clan rappresentino il necessario strumento di condizionamento elettorale volto alla sicura elezione.
La seconda evidenza che emerge dall’operazione “Aquila” è la disarticolazione della cosca acese legata Cosa nostra conclusasi con l’arresto anche di altre 17 persone legate a Cosa nostra etnea attraverso la quale si fatta luce su estorsioni che duravano da venti anni e che sono state interrotte, in alcuni casi, dalle “seconde generazioni” di imprenditori che hanno ammesso di essere vittime del racket.
Appare chiaro, qualora ce ne fosse ancora conferma, che le estorsioni continuano ad essere esercitate, rappresentando una forma costante di controllo del territorio da parte della criminalità organizzata. Questo deve essere chiaro a tutti e porre una seria riflessione a noi come associazione antiracket sulla reale capacità di incidere e persuadere i commercianti a denunciare.
La strade è lunga e faticosa. E’ necessario informare le categorie di imprenditori, commercianti ed artigiani in merito agli strumenti che lo Stato mette loro a disposizione quando denunciano, ripagandoli di tutti i danni subiti.
E’ necessario raccontare le storie di tutti coloro che denunciando si solo liberati dai loro aguzzini recuperando la propria dignità riprendendo a lavorare.
E’ necessario ripartire da un’idea di movimento antiracket di strada, volontario e gratuito che tuteli la dignità di quanti che con il loro sacrificio non hanno perso la libertà.
Noi abbiamo già intrapreso questo cammino, consapevoli che a molti sta già dando fastidio.
Catania, 11 ottobre 2018
AS.A.E.C. ASSOCIAZIONE ANTIESTORSIONE DI CATANIA
COMUNICATO
L’associazione Asaec Antiestorsione di Catania esprime solidarietà e vicinanza all’On. Claudio Fava, Presidente della Commissione Antimafia Regionale Siciliana, per il vile atto intimidatorio.
“Il consiglio direttivo dell’Asaec ed i soci tutti sostengono ed incoraggiano la delicata ed importante inchiesta parlamentare condotta sul perverso rapporto politico – corruttivo – del così detto “sistema Montante” e sui depistaggi seguiti alla strage di via D’Amelio portati avanti con coraggio, tenacia, perseveranza e lungimiranza dall’On. Claudio Fava, cui va riconosciuto, in ultimo, anche il merito di occuparsi ed indagare sulle dinamiche tra massoneria e fenomeno mafioso.
E’ sempre più importante essere tutti uniti – afferma il presidente Nicola Grassi – e far fronte unico e collaborativo denunciano senza paura corruzione, malaffare e quegli intricati rapporti fra mafia, politica e finanza che inquinano le normali dinamiche della vita democratica del nostro paese.
E’ necessario prendere una posizione netta, decisa, semplice, il più delle volte, coraggiosa, ma che serve ad abbattere quel muro del compromesso morale che alimenta il clima di oppressione che caratterizza il sistema di condizionamento politico – finanziario.
Sempre più spesso scompare dal dibattito politico una seria riflessione sul fenomeno mafioso, salvo ricordarsene quando accadano fatti gravi che balzano agli onori della cronaca e sui quali sono tutti bravi a correre con dichiarazioni di solidarietà”.
Catania, 08 ottobre 2018
AS.A.E.C. ASSOCIAZIONE ANTIESTORSIONE DI CATANIA
COMUNICATO
Come Asaec Antiestorsione Di Catania abbiamo messo in campo tutte le possibili azioni finalizzate al supporto ed al sostegno dell’imprenditore Francesco Capizzi che ha denunciato, avviando a tutti i livelli un’interlocuzione con i rappresentanti delle forze dell’Ordine e con l’Autorità Giudiziaria.
In generale, non v’è dubbio che esiste un clima di costante prevaricazione e prepotenza che si traduce in un inammissibile controllo del territorio da parte di soggetti collegati a cosche criminali operanti sul territorio, tale da comportare un’insopportabile compressione delle libere dinamiche di mercato, limitando o escludendo del tutto, le scelte e le aspirazioni imprenditoriali che, sempre più spesso, provengono da fasce giovani della società per il ritrovato interesse nell’agricoltura.
COMUNICATO
All’indomani del decreto di sequestro rivolto all’editore Mario Ciancio e della conferenza stampa convocata dagli inquirenti, l’associazione Asaec esprime tutta la propria soddisfazione per l’instancabile e martellante lavoro svolto dalla Procura della Repubblica di Catania e dal comando provinciale dell’Arma dei Carabinieri.
Qualcuno ha scritto che rispetto alla vicenda del sequestro del patrimonio di Ciancio, Catania bisbiglia, la cosiddetta “Catania bene” tace.
Sì, è vero, come tace e non prende posizione rispetto a tante altre importanti vicende che segnano la misura rispetto l’indifferenza cui ci stiamo abituando a partire dalla presenza di Cuffaro, condannato per favoreggiamento alla mafia all’Assemblea Regionale Siciliana, al cosiddetto “caso Villardita” ed il suo grido di allarme ed aiuto rivolto alle istituzioni, al cosiddetto “sistema Siracusa” ed al “sistema Montante” o alla assenza di associazioni e cittadini che si è verificata in occasione dell’incontro con il procuratore Nazionale Antimafia Cafiero De Raho a Canicattì, e così via solo per citarne alcuni.
Ma oltre a evidenziare questa ineludibile verità, dobbiamo anche andare oltre e chiederci perché i più preferiscono tacere, mantenendo fede al detto siciliano mafioso “La meglio parola è quella che non si dice“?
Forse per quella rete di collusione economica, politica e sociale che, per reciproche convenienze, non permette di poter prendere posizione forte, netta e decisa? Forse perché vi è una sfiducia generale nei confronti degli apparati dello Stato che, talvolta, anziché essere pronti a produrre anticorpi necessari ad espellere corpi estranei e corrotti ne rimangono indifferenti?
Ecco che dalla conferenza stampa del procuratore Zuccaro emerge un dato che più di ogni altro dovrebbe indurre a far riflettere e cioè l’enorme muro di omertà, rafforzato da collusioni sociali, politiche ed economiche, che la Procura e le forze dell’ordine sono riusciti faticosamente ad abbattere solo dopo un lungo lasso di tempo.
Il tacito consenso della cosiddetta “società civile” nei confronti delle relazioni perverse tra esponenti della criminalità organizzata ed imprenditori, editori, rappresentanti delle istituzioni, banchieri, burocrati, politici, rappresenta un bacino di coltura nel quale crescono e si sviluppano indisturbati pericolose dinamiche corruttive e collusive che rappresentano l’innovativo modus operandi della mafia.
Tutt’oggi il livello d’influenza nefasta che l’interesse illecito di pochi esercita nei confronti dell’economia del territorio nel quale viviamo, si fa finta di non percepirlo.
Imprese sane, ottimi professionisti, burocrati onesti, devono giornalmente arginare tentativi collusivi legati a questa o quella cricca di sepolcri imbiancati che inquinano le corrette dinamiche sociali ed economiche della comunità.
E su questi aspetti che tentiamo da anni di insistere, da un lato cercando di infondere fiducia negli operatori economici promuovendo esempi positivi sorti da sane e concrete collaborazioni sistematiche con l’autorità giudiziaria e le forze dell’ordine, d’altro prendendo posizioni, talvolta scomode, rispetto a silenzi assordanti e di convenienza che non farebbero altro che agevolare un clima già avvelenato del quale la mentalità mafiosa e la sua azione si nutrono.
AS.A.E.C. ASSOCIAZIONE ANTIESTORSIONE DI CATANIA
http://www.qds.it/29387-caso-ciancio-intervista-al-procuratore-zuccaro.htm
IL SIT-IN DI PROTESTA DAVANTI ALL’ARS
COMUNICATO
La notizia dell’invito rivolto all’ex presidente della regione siciliana Totò Cuffaro, che ha scontato la propria condanna a 7 anni di reclusione per favoreggiamento di stampo mafioso e rivelazione di segreto investigativo, quale relatore all’incontro sulla condizione dei detenuti presso la sala “gialla” dell’Assemblea Regionale Siciliana intitolata a Piersanti Mattarella – ex presidente della regione siciliana ucciso dalla mafia – è la rappresentazione grottesca di una Sicilia inquieta ed inquietante.
In un periodo storico nel quale le nostre attenzioni dovrebbero convergere verso temi di ben più elevato spessore politico, sociale ed economico, discutiamo ancora – come se ce ne fosse bisogno – sull’opportunità o meno che un ex presidente della regione ritorni proprio nel luogo dove da ultimo fu costretto ad allontanarsi perché condannato in primo grado per favoreggiamento alla mafia.
Esistono diversi aspetti di questa vicenda.
Il primo: il problema non è “Cuffaro si, oppure Cuffaro no”. Nessuno si sarebbe preoccupato di contestare il Totò “vasa vasa” se fosse stato invitato a presentare il suo libro presso una qualsiasi sede privata. Ma l’opportunità di concedere la sede dell’Assemblea Regionale Siciliana quale luogo e microfono dal quale tornerà a parlare Cuffaro è imbarazzante; l’ARS non è un posto qualunque, Totò Cuffaro non è stato un condannato qualunque, non è stato un detenuto qualunque e non è stato un politico qualunque.
Tutti abbiamo il diritto di esprimere la nostra opinione. Per carità!
Ma «est modus in rebus sunt certi denique fines, quos ultra citraque nequit consistere rectum.» «esiste una misura nelle cose; esistono determinati confini, al di là e al di qua dei quali non può esservi il giusto» recitava Orazio.
Decenza, etica pubblica e morale privata avrebbero imposto di non invitare un ex presidente della regione condannato a 7 anni di reclusione per favoreggiamento di stampo mafioso e rivelazione di segreto investigativo ad un incontro sulla condizione dei detenuti presso una delle sale più maestose del Parlamento regionale intitolata proprio ad un presidente ucciso da quello stesso fenomeno mafioso cui, secondo le sentenze, Cuffaro ha prestato il suo favore.
Ciò che è sbagliato è il luogo in cui lo si fa parlare.
Quale la credibilità che verrebbe trasmessa dalle istituzioni ai cittadini, quale l’affidabilità che il comune cittadino maturerebbe ne confronti di un parlamento regionale?
Nel contrasto alla mafia, a tutti i tipi di mafia, occorre dare messaggi chiari e univoci.
Non sono ammessi i distinguo o le zone grigie.
Un secondo aspetto, però, dovrebbe essere sottoposto alla complessiva analisi della vicenda. Il fatto che alla sala “Piersanti Mattarella” dell’Assemblea Regionale Siciliana l’ex governatore Cuffaro non andrà motu proprio ma perché specificatamente invitato dall’on. Vincenzo Figuccia esponente di spicco dell’Udc – forza politica già coinvolta tramite diversi suoi esponenti politici nazionali e regionali – in diverse vicende giudiziarie – e grazie al via libera da parte della presidenza dell’Assemblea regionale presieduta dall’on Gianfranco Miccichè. Questo aspetto è fondamentale per la generale comprensione del fatto, perché si manifesta con forza tutta l’arroganza che alimenta le menti di alcuni politici siciliani i quali senza alcuna decenza, ed offendendo la memoria dei morti e di tutti coloro che, ancora in vita, spendono la loro esistenza al contrasto alla criminalità organizzata, alimentano un sistema ambiguo, collettore anche involontario di voti, avallando così, ancora una volta, quel compromesso morale che porta molti anche per incomprensibile ed ideologico distacco, all’indifferenza, quindi alla contiguità e dunque alla complicità rispetto ad un certo modo di intendere la sacralità delle istituzioni ed il loro rispetto.
Terzo ed ultimo aspetto di questa penosa vicenda; in questi giorni siamo stati tutti attenti a non offendere e utilizzare il linguaggio più idoneo al fine di tutelare la libertà di espressione, soprattutto – abbiamo letto – se questa proviene da coloro i quali hanno scontato la pena alla quale sono stati condannati. La pena ha una funzione rieducativa e (dovrebbe) riabilitare al reingresso in società.
Ma se questa funzione rieducativa fosse stata disattesa ed ancor peggio, se il condannato non avesse mai manifestato alcun pentimento?
Salvatore Cuffaro non risulta si sia mai pentito per la sua condotta o abbia mai collaborato con le forze dell’ordine e la magistratura. Ed ecco che sorgono alcune domande e dubbi inquietanti; siamo proprio sicuri che tutta questa operazione non serva a qualcuno? Che non sia un’operazione politica volta a rafforzare la richiesta di riabilitazione penale ma soprattutto politica di Cuffaro? Siamo proprio sicuri che concentrarsi esclusivamente sulla figura dell’ex governatore sia così utile e che, invece, non sia più opportuno indagare sulle ragioni politiche e sociali di un così largo consenso, che ancora circonda l’ex governatore? Importante pubblico consenso che non soltanto ne ha sempre sostenuto la persona – condividendone il suo percorso politico, ma, soprattutto, non ha mai accettato la condanna considerandola ingiusta punizione ad un modus operandi lecito.
Per tutti questi motivi, giovedì 13 dalle ore 11 davanti l’ingresso di palazzo dei Normanni a Palermo, l’Associazione Antiestorsione di Catania manifesterà la propria ferma contrarietà alla presenza di Salvatore Cuffaro quale relatore all’incontro che si svolgerà presso la sala “Piersanti Mattarella” dell’Assemblea Regionale Siciliana.
AS.A.E.C. ASSOCIAZIONE ANTIESTORSIONE DI CATANIA